movimentazione / il dibattito

sabato 21 giugno 2008

Compagni avanti il gran partito

Pubblicati in anteprima su www.movimentazione.org escono in formato istant book i dialoghi all'indomani della sconfitta per le Edizioni Melagrana nella collana "Tascabili del Sapere" con un titolo che è tutto un programma: "compagni avanti il gran partito". Rino Malinconico, uno dei "fondatori" di movimentazione, con l'espediente narrativo di un dialogo che si articola in sette giornate riesce a dare chiarezza alle argomentazioni e a coinvolgere il lettore nel fluire di pensieri che attraversano, come un fiume in piena, una comunità complessa di donne e di uomini, ancora straordinariamente ricca di saperi e di slanci ideali.Tre militanti immaginari di Rifondazione Comunista discutono a caldo dopo la grave sconfitta del 13 e 14 aprile 2008. Un'intera fase storica s'avvia a conclusione ma restano ancora vive le ragioni della speranza. La tesi di fondo è che la crisi della sinistra di alternativa viene da lontano. La loro riflessione si allarga così alla realtà del conflitto sociale, alla critica del capitalismo, alla possibilità del comunismo. L'introduzione a cura di Giovanni Russo Spena esalta l'importanza di una riflessione come quella dei dialoghi, in un momento acuto di quello "stordimento" generale dell'umanità "che genera lo sciame inquieto" che Bauman descrive. I dialoghi di fatto non si concludono: "andiamo ancora avanti - si legge nelle ultime righe - con una impresa collettiva che non si sa dove ci porterà per davvero..." e comunque "ovunque vorrà condurci ne sarà valsa la pena. Qualcuno diceva che non è tanto importante il porto che si raggiunge ma il viaggio che si intraprende, col soffio del vento trai capelli e lo spruzzo delle onde sulla nave". Per le presentazioni guarda gli appuntamenti

venerdì 20 giugno 2008

Una nota sui subprime

Qualcuno, parlando della cd crisi dei crediti subprime, ha lasciato intendere che in buona sostanza questi prodotti finanziari furono creati per venire incontro alle necessità degli acquirenti di case, i quali senza di essi non avrebbero potuto avvicinarsi al mercato immobiliare. C’è del vero in ciò, ma naturalmente, la più grande ed intrigante Torre di Babele che la storia dell’ingegneria finanziaria ricordi, benedetta in un discorso pronunciato l’8 aprile del 2005 dall’allora presidente della Fed – Federal Riserve – degli Usa, Alan Greenspan, non derivava da una decisione di natura filantropica, ma dalla necessità del mercato Usa, che dall’edilizia ricava qualcosa come il 50% e forse più dell’intero Pil.

A ciò va aggiunta una considerazione come dire di buon senso ed è quella di capire perché una famiglia, già indebitata con un mutuo classico, ne chieda un altro. La risposta sta forse nella cd propensione al consumo che in Usa supera il 90%, andando ben oltre il 100% - gli ultimi dati parlano del 120% del Pil – Il problema è capire come mai gente con mutui alle spalle ancora da pagare decide d’indebitarsi ulteriormente a tassi esagerati. Ai mutui andrebbero aggiunte le cards del tipo come quelle dell’american express, della visa, della diners etc.

Alcune settimane fa un giornale specializzato ha pubblicato gli indebitamenti delle famiglie italiane suddivise per provincia. C’è una propensione all’aumento dei debiti per consumi, E’ chiaro quindi che il ricorso alle finanziarie, ai mutui, ai debiti per gli acquisti è forse anche questione ideologica piuttosto che di bisogno.

Sostenere il mercato immobiliare negli U(sa è quindi un imperativo categorico. Allargare la platea dei possibili compratori di case era la strada, indipendentemente dalla loro capacità finanziaria. L’ingegneria finanziaria ha pensato a ciò e lo ha fatto con una moltitudine di nuovi prodotti come i prestiti subprime e il credito di nicchia per gli immigrati. Dove un tempo ai clienti più marginali sarebbe stato semplicemente negato il credito, con i nuovi prodotti i prestatori furono in grado di giudicare con efficienza il rischio di quei clienti e di quantificarlo appropriatamente. Questi progressi portarono ad una rapida crescita dei mutui casa subprime – o B-paper, near-prime o second chance ossia quei prestiti concessi ad un soggetto che non può accedere ai tassi d’interesse di mercato, perché ha avuto problemi pregressi nella sua storia di debitore -

I mutui subprime divennero così mutui di serie B – cioè che non sono “prime” – e venivano quindi concessi a persone non considerate come dire di prima scelta, persone cioè che in passato non erano riuscite a pagare un mutuo o che attraverso le informazioni sullo stato economico-patrimoniale dello stesso non risultavano solvibili o cmq capaci di assolvere al pagamento del debito che intendevano accendere.

Una politica questa a dir poco criminale. Come concedere prestiti a chi non presentava un minimo di garanzia si chiedevano i vecchi operatori ? E invece la banca, le banche che concedevano subprime erano propensi ad aprire le loro borse e concedevano mutui con tassi fino al 30%, trasformando poi, e questa è la seconda mossa anch’essa criminale, questi prestiti in obbligazioni, che vendevono ai cittadini risparmiatori o allocchi a caccia di alti dividendi. All’inizio il debitore del mutuo ha pagato, il cittadino investitore ha guadagnato così come la banca ha percepito le commissioni delle operazioni. Ad un certo punto quel debitore che in situazione normale non avrebbe dovuto ricevere il prestito, non è stato più nelle condizioni di pagare ed infatti non ha onorato le rate. In questo modo l’investitore cioè colui che ha acquistato le obbligazioni ha perso i soldi con i quali ha acquistato le obbligazioni.

Più di uno ha parlato che con i subprime si è concretizzato il sogno americano delle Banche Usa, le quali hanno cercato di guadagnare anche sulla povera gente e su quei sciagurati che proprio come al gioco di azzardo si sono accollati i mutui.

L’aspetto ancor più drammatico, ma che misura l’ampiezza del fenomeno, ma anche la profondità della truffa è che i fondi sorti dalle cartolarizzazioni ( la cartolarizzazione è la cessione di crediti o anche di beni o altre attività di una società attraverso la emissione ed il collocamento cioè la vendita di titoli obbligazionari emessi come equivalente dei crediti ceduti) dei subprime sono stati venduti ed acquistati in tutto il mondo ed anche quindi in Europa con particolare riguardo a quanto è dato sapere fino ad ora dalla maggiore banca olandese e dalla svizzera Ubs (quella che chiede di nominare nuovo AD Marchionne).

In altri termini le banche, dimostrandosi ancora una volta, insieme ai petrolieri ed alle assicurazioni il gotha della criminalità, superiore finanche alle grandi famiglie russe, americane, cinesi ed italiane, hanno ripartito il rischio sui risparmiatori (gonzi, ma anche famelici) cartolarizzando appunto i fondi a rischio (i subPrime) costituiti dai mutui senza garanzia.

E’ evidente che ai primi accenni di crisi, è aumentato il tasso di riferimento. Ciò ha comportato un peggioramento delle condizioni di pagamento, le quali per effetto dell’incidenza dei tassi variabili hanno determinato l’aumento delle rate e quindi un aumento delle insolvenze. Questa situazione avrebbe dovuto produrre l’intervento delle agenzie di rating (quelle che stimano la solidità delle aziende, delle banche, delle assicurazioni, dei paesi, assegnando attraverso le A, AA, AAA la percetuale di sicurezza), le quali appunto avrebbero dovuto declassare i fondi, avvertendo in questo modo i possessori sulla debolezza degli stessi, cosa che invece per incapacità o per interesse non hanno fatto a cominciare dalla famosa Standard&Poors-.

Le tempeste senza fine che i subprime hanno prodotto e stanno producendo, non ultime quelle legate ai mandati di cattura emessi ed eseguiti tra il 19 ed il 20 giugno, hanno escluso, nella valutazione appunto di quello che è avvenuto e di quello che avverrà – nessuno è assolutamente in grado di capire l’entità dei mutui accesi, di quelli che non saranno pagati, dei fondi spazzatura collocati e quindi dei danni economici e finanziari prodotti - una considerazione che forse è stata la componente ispiratrice maggiore del tsumani finanziario che più o meno dal mese di luglio dell’anno scorso il mondo americano innanzitutto si è trovato ad affrontare, ma che in misura tutta da valutare anche quello europeo si troverà di fronte . La considerazione è quella che il sommovimento in atto è conseguenza del fatto che i soldi della scommessa dei subprime erano degli altri.

Infatti va detto che con la cartolarizzazione dei prestiti, gli intermediari finanziari a cominciare dalle banche non avevano alcun interesse a verificare e valutare, come già fatto cenno in precedenza, sull’affidabilità e sulla solvibilità del cliente-debitore.

Certo il danaro facile degli inizi degli anni duemila potrebbe trovare rarefazione nelle strette creditizie che da più parti sembrano profilarsi, così come non è detto che la crisi potrebbe coinvolgere altri settori.

La diabolicità dell’invenzione, realizzata da una consociata della General Elettric or sono venticinque anni fa (1983), era inizialmente rivolta ai normali mutuatari. L’intelligenza anche questa diabolica fu quella di suddividere i portafogli con coperture ipotecarie in diverse tranche: quelle di più elevata qualità furono messe in pagamento prima, quelle meno o di assoluta inconsistenza alla fine. Ciò produsse il grande interesse dei risparmiatori che investirono migliaia e migliaia di miliardi di dollari nei subprime. C’è una simpatica affinità in questa strategia di suddivisione del portafoglio cartolarizzato ed è quella che si ritrova nel cd “scartiloffio” napoletano degli anni cinquanta messo in opera da delinquenti da strapazzo che s’improvvisavano cambiavalute, come oggi si possono trovare ancora sotto le spoglie dei pataccari di orologi svizzeri falsi. L’americano di turno che abboccava al cambio dollaro/lira superiore a quello fissato da cambital alla fine della trattativa riceveva questo rotolo di soldi costituito all’esterno da biglietti da mille o cinquemila lire e all’interno da carta straccia. Gli americani hanno ripagato con gli interessi eccome i “bidoni” di allora.

ac

Non mi tiro indietro

di Antonio Casolaro

Non vedo incompatibilità, leggendo l'art.15 dello Statuto di "movimentazione", con l'associazione “sinistra critica” alla quale, pur non essendo iscritto, aderisco, partecipando alle iniziative.

Non è il caso di scambiarci icastici apprezzamenti, dal momento che ci conosciamo da una vita. Per me è stato più semplice allontanarsi da RC e forse proprio per questo, dopo le banalità, per esser buono, di Patrizia Sentinelli dell'agosto/settembre 2004, me ne andai. Certamente non avrei sostenuto il Governatore della Campania, le sue scelte, i suoi programmi. Non avrei condiviso quindi le sue responsabilità per tutto questo tempo. Sarà difficile sfilarsi dalla giunta ad un anno dalla scadenza naturale e far passare la decisione, da una parte come critica al programma e dall'altro, rispetto al tempo, come conclusione del responsabile atteggiamento politico dello "sporcarsi le mani" per i bisogni dei ceti proletari. Non capisco in ordine a ciò la scelta di qualcuno, che per tutti questi anni si è battuto contro il Governatore, accusando anche in modo diretto e chiaro la ex segreteria del Partito ed oggi per esempio la blandisce e l'assolve, schierandosi col governatore della Puglia. Non capisco ancora il capogruppo alla Regione che ha fatto da pompiere per tutto questo periodo ed oggi sottoscrive la prima mozione. Non ho mai capito ancora gli "innamoramenti" di carissimi compagni che hanno perduto tempo, passione, intelligenza e delle volte anche la faccia sostenendo "giovani leoni" dal futuro illuminato "si diceva", tradottosi al tirar delle somme in scelte vecchie e di restaurazione. Sono inspiegabili tutti questi atteggiamenti, queste scelte: essi non fanno altro che aumentare la confusione. Si profila insomma un altro brutto risultato anche questo annunciato, in continuità con quelli del 13 e 14 aprile (in Campania secondo un recente studio di Svimez sette distretti operai su dodici hanno votato per il Pdl) e con quelli di lunedì scorso in Sicilia. Naturalmente mi auguro sempre che accada l'inverso (non gioisco insomma quando la sinistra perde, dal momento che gli effetti del disastro colpiscono tutti, ma proprio tutti, anche il caro Silvio Serino, se fosse ancora in vita).
Oramai penso che ci sia una sorta di furore contro la sinistra. L'elettorato, ma anche il ceto consapevole, ha abbandonato la sinistra per tutto quello che ha fatto a favore dei poteri forti (governo Prodi, sindacato etc) e per tutto quello che non ha fatto per quelli deboli (prezzi, pensioni, sanità, case, rifiuti, sicurezza intesa come lotta alle mafie). L'abbandono si è tradotto e si tradurrà forse nell'astensione generalizzata come dire: fate quello che volete. Anche la stanchezza del voto incide e ciò è storicamente comprovato. L'apatia come risposta, il disinteresse come rifugio ultimo, non disdegnando dalla nirvana della droga (la cocaina nelle fabbriche come ci ha raccontato a Maggio Loris Campetti sul Manifesto). D'altra parte come aderire al sostegno di giunte come quelle del comune e della provincia di Caserta, dove fatta salva la riconosciuta attività di appassionati e competenti compagni, il resto è deserto o meglio si perde nei disastri del sindaco e soci (valga fra tutti l'amorale assessore all'ambiente) e nelle "alchimie" del presidente della provincia.
Senza parlare del "ceto" degli eletti di Rc: con buona pace di qualche mosca bianca il resto è orrendo.
Certo la distruzione della classe o del riconoscimento in essa è avvenuta ed il vecchio proletariato è per buona parte solo una categoria sociologica. Significherà qualcosa che una buona percentuale dei giovani di oggi vede nella polizia, nei carabinieri, nella guardia di finanza, nell'esercito professionale non solo lo sbocco della sistemazione, come diceva Di Vittorio negli anni '50 (dentro la divisa c'è il figlio di un bracciante !), ma anche la realizzazione di una propria convinzione? Significherà qualcosa che i vecchi mestieri apparentemente solo manuali, ma di grande interesse economico, penso a quelli cd artigiani di buon livello professionale, non trovano più appeal tra i giovani che si rifugiano in inutili discipline peraltro anche malamente insegnate - sociologia, psicologia, scienze delle informazioni, pedagogia etc., etc - con una scuola sempre più collassata e di basso spessore scientifico ? Ritengo proprio di si. Perché la Regione Campania ha continuato ad erogare fondi per la formazione senza intervenire per esempio tra gli artigiani sostenendo il salario degli apprendisti ? Quando si diceva citando Gramsci abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza significava studiate. Oggi non disdegnerei di lanciare una nuova parole d'ordine ai giovani comunisti: a scuola in quanto comunisti dovete fare il possibile per eccellere, segno cioè di una nuova passione, di un nuovo impegno, dell'umanesimo del comunismo, introducendo pure premi ai migliori.
Questa è la realtà, naturalmente non assoluta, ed è la conseguenza della scomparsa dei "naturali" riferimenti, intesi come strumenti del cambiamento dello stato presente delle cose. Il comunismo è diventato, per chi lo ricorda, una chimera, per altri e sono tanti è una parola alcune volte anche
senza significato, senza speranza, avulsa cioè dalla verità liberatrice in essa racchiusa e che produce.
Le disavventure del 13 e 14 aprile hanno sancito la fine di un'epoca. Certo l'ex presidente della camera ed i suoi discepoli hanno le loro responsabilità e sono tante. Il problema da affrontare era forse molto, ma molto più grande di quanto da essi previsto. Le soluzioni sono state Venezia
dicembre 2003, il congresso, poi il governo Prodi, l'arcobaleno e la fine.
Come uscirne ? Ricominciando daccapo, sperando pure che la crisi permanente del capitale acceleri il recupero e la riattualizzazione del comunismo. Altro allora che "regime leggero" o "democrazia afascista" come dice nel documento del 12 giugno l'ex Presidente della camera. Non appartengo o comunque tento di non appartenere alla schiera di coloro che lapidano l'ex presidente, tuttavia ritengo che una buona dose di opportunismo o forse di leaderismo abbia sorretto le sue scelte e la sua vita (non ha mai lavorato !!!).

Rispetto all'autoritarismo qualcuno dovrebbe ricordare che già da anni durante gli incontri di “gramigna” o di “officina” la diminuzione degli spazi di democrazia borghese la legammo all'avvitarsi della crisi, che capimmo potesse avanzare nella fase della totalizzazione del rapporto di capitale e nel suo tradursi in capitalismo finanziario e quindi in processi di nuovo fascismo in nuce. La complessità della società del XXI secolo non consente di sopportare "il colpo di stato"; il fascismo moderno è quello che progressivamente riduce spazi di libertà, di copertura sociale, che aderisce a nuovi avventurismi imperialisti e quindi guerre locali, adesioni ad attività di gendarmeria in altri paesi, nuovo razzismo, piccole patrie.
C'è anche che il capitalismo ha vinto, che il XX secolo sul piano della liberazione dal bisogno, dal lavoro salariato, dall'alienazione è stato un accumulo di rovine e di tragedie, per cui tutto va ri/costruito e ri/fondato.
Non si tratta di mettere in croce nessuno, ma forse di distruggere la croce.

Mi chiedete di far parte dell'associazione. Voi sapete che rifuggo dall'apparire.
Il proscenio non è mai stato il mio forte, al massimo ho fatto parte dell'ultima fila del coro e quelle volte che "ho dovuto" farne parte l'ho fatto con molto disagio, nascosto dietro qualche colonna, pronto ad andarmene ogni qualvolta la burocrazia prendeva il sopravvento. Comunque, ricordando “officina” e “gramigna” non mi tiro indietro.

ac

giovedì 19 giugno 2008

Corsi e ricorsi storici

di Mimmo Firmani, del circolo di Frattaminore (NA)

La storia, si sa, quando si ripete, si ripete in farsa.

Riporto testualmente alcuni stralci di una mozione tristemente nota recante il titolo “Dare vita alla fase costituente di una nuova formazione politica”.

Al punto 1: “(…)non basta più in rinnovamento del PCI,sia pure profondo,per cominciare a dare risposte a questa esigenza. Ciò che ci proponiamo è la costruzione di un nuovo soggetto,che sia il punto di incontro di forze diversamente collocate,(…),questo non significa certo tagliare le nostre radici. Significa al contrario dare ad esse nuova linfa(…). Non dunque di autoscioglimento del PCI si tratta. Ma della costruzione di una nuova formazione politica democratica ,popolare, riformatrice, aperta a componenti laiche e cattoliche, interprete delle nuove domande che vengono dal mondo del lavoro e della cultura come dai movimenti dei giovani e delle donne, dall’ambientalismo, dal pacifismo e dal movimento per la nonviolenza, dal femminismo”.

Al punto 8: “(…) esiste oggi una sinistra sommersa, un potenziale riformatore che taglia trasversalmente la società civile, le sue organizzazioni ed i partiti, ma che non riesce ancora a trovare adeguata espressione politica(…) noi stessi avvertiamo l’esigenza di andare oltre questa esperienza… c’è un movimento cattolico progressista che sta attraversando un fase di profondo e fecondo rinnovamento. C’è il movimento dei Verdi (…) c’è un movimento radicale che con le sue battaglie ha sollecitato l’esigenza di una riforma della politica, di nuove libertà civili, di nuove regole democratiche. Queste diverse componenti ideali e politiche della sinistra vogliamo che siano interlocutrici e protagonisti della fase costituente di una nuova formazione politica”.

Al punto 9 la dichiarazione solenne: “…non sono in discussione nome e simbolo del PCI”.

Tra i firmatari della mozione, fino al 5 Gennaio 1990, risultavano i seguenti nomi: Achille Occhetto, Antonio Bassolino, Goffredo Bettini, Vannino Chiti, Massimo D’Alema, Piero Fassino, Marco Minniti, Fabio Mussi, Giorgio Napolitano, Cesare Salvi, Walter Veltroni.


Come è andata a finire è noto a tutti, non sono invece analogamente note a tutti (anche per questioni anagrafiche) le categorie concettuali e gli slogan utilizzati da queste avanguardie illuminate nei confronti di chi aveva ben chiaro quale fosse il reale disegno politico e che perciò dissentiva: estremismo, settarismo, minoritarismo, conservatorismo, identitarismo, veterocomunismo, cultura del sospetto.

Al CC della svolta (20-24 Novembre 1989), Giancarlo Pajetta affermava: “(…) i perplessi ed i contrari non chiamateli conservatori, come oggi li sento chiamare, gente da comprendere, poveracci di un’altra generazione. Noi abbiamo troppe volte pagato il fatto di aver considerato in modo sprezzante le opinioni di chi dissentiva. Non possiamo non ricordare oggi quelle lezioni del passato. So che la storia del nostro partito è fatta di molte svolte. Ma bisogna sempre sapere se la svolta va in una direzione giusta”.

Nel medesimo CC, Pietro Ingrao sosteneva: “ In politica è saggio e doveroso attenersi ai fatti. Il fatto su cui siamo chiamati a pronunciarci è questo: la proposta che il PCI promuova una fase costituente, che porti ad una nuova formazione politica di sinistra ed allo scioglimento in essa dell’attuale PCI. Si dice: fase costituente. Ma una fase costituente se non vuole essere una fluttuazione verso non si sa dove suppone che siano almeno identificati e nominati interlocutori visibili, che essi rappresentino forze politiche consistenti. Sinora i Verdi ci dichiarano amicizia ma hanno già detto no. Non vedo una sinistra consistente di ispirazione cristiana che dichiari di essere disposta a confluire. Nemmeno il gruppo radicale sembra esprimere un interlocutore certo. Né dentro il partito socialista, né dentro il partito socialdemocratico, né dentro il partito repubblicano vedo forze di rilievo disposte a staccarsi dalla loro matrice. Nel seno stesso della Sinistra Indipendente, che è la più vicina a noi, emergono anche dissensi (…) Non solo restano vaghi gli interlocutori ma non vengono definite in positivo la scelte discriminanti, indispensabili per andare ad un confronto serio. Confesso che ieri non sono riuscito a capire bene se abbiamo in mente un partito socialdemocratico, o un partito democratico o semplicemente un forza progressista. E dinanzi a questi singolari silenzi che allora sorge l’aspro interrogativo che il senso di questa operazione sia essenzialmente un altro: non al positivo ma al negativo: la dichiarazione di morte del comunismo…”.

Ed ancora: “(…) Dissento dal giudizio positivo da noi espresso sulla politica estera italiana. Il Governo non ha proceduto nemmeno ad una riduzione limitata delle spese militari (…) allora anche questa alta parola “non violenza” resterà una nobile aspirazione etica (…) ed è parola che esige coerenza: non si può pronunciarla e poi non criticare i socialisti francesi che difendono ora i loro arsenali atomici. Non credo ad un discorso con l’Internazionale Socialista che non abbia questa coerenza”.


Sperando di non essere irriverente, e non osando neanche lontanamente equiparare i partiti in questione, la loro consistenza e struttura e tantomeno i contesti storico-politici, sento tuttavia il bisogno di sottolineare analogie e soprattutto l’affinità di categorie concettuali che stanno caratterizzando lo svolgimento del VII Congresso Nazionale del Partito della Rifondazione Comunista.

Preliminarmente, però, voglio ricordare che poco prima del verificarsi di una delle tante scissioni prodottesi nella sinistra comunista di questo Paese (quella del 1998 con la nascita del PdCI), l’allora segretario del PRC, Fausto Bertinotti, fu accusato di stalinismo e di essere portatore della più volgare e primitiva cultura del sospetto. Sarà poi Arturo Parisi a confessare a posteriori che mentre si svolgeva il CPN del PRC, era già pronto l’accordo con la componente cossuttiana per la fiducia al primo governo Prodi ed erano inoltre già state preparate le tessere del nuovo partito.

E’ inoltre interessante ricordare che periodicamente, nel corso degli ultimi 10 anni, il compagno Fausto Bertinotti in particolare è stato etichettato come conservatore, identitario, veterocomunista da tutti i dirigenti della cosiddetta “sinistra moderata” e da certa stampa (la Repubblica in primis) ogni volta che ci si permetteva di difendere l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, la Costituzione Repubblicana, la laicità dello Stato, la pace, il diritto al lavoro, etc. Ce li ricordiamo tutti quegli articoli tanto insopportabili quanto stupidi tesi a sbeffeggiare la politica del PRC e in particolare il “sub-comandante Fausto?”


Tornando a noi, è necessario prendere serenamente atto del fatto che improvvisamente i vari D’Alema, Latorre, Mussi, etc., il Corriere della Sera e la Repubblica (altro ricorso storico), decidono di entrare a gamba tesa nel dibattito congressuale del PRC, tifando apertamente per la mozione di cui è primo firmatario Nichi Vendola e cofirmatario Fausto Bertinotti. O meglio tifano per la parte quarta della mozione n. 2, quella relativa al processo costituente della sinistra.

Io invito, sommessamente, le compagne e i compagni a confrontare in particolare i punti i punti 4a e 4b di questa mozione con i sopracitati punti della mozione Occhetto. Invito a confrontarne il linguaggio, la retorica, la debolezza politica, l’oltrismo fine a se stesso, l’ambiguità sulla collocazione europea, l’indeterminatezza degli interlocutori. Nonché la contraddizione politica e grammaticale tra la proposta di una fase costituente (che , se non erro, è il processo mediante il quale due o più entità si sciolgono per darne vita ad una nuova) e la “dichiarazione solenne”: “l’esistenza del PRC non è un bene disponibile se non alla collettività di donne e uomini che lo incarnano: non è stato e non è tema di discussione il suo scioglimento”.


Vorrei essere pacato, ma un po’ mi indigno!!!


Come si fa a mentire, sapendo di farlo, e in modo così spudorato? E le 10.000 tessere dell’ Arcobaleno già stampate? E gli appelli predisposti per costituire il soggetto unico nell’ambito del quale il comunismo sarebbe stato una tendenza culturale? Ed il fatto che ciò era già stato deciso al di fuori del percorso congressuale?

Questo nel PCI, anche nell’ultimo PCI, non sarebbe mai stato possibile.

Ma ecco rispuntare lo slogan che rende immuni da tutto e tutti: chi sostiene ciò che è ampiamente dimostrabile e verificabile è afflitto, udite udite, dalla cultura del sospetto! E’ un conservatore, un veterocomunista, nella migliore delle ipotesi è affetto da sindrome “identitaria”.

Peccato, per questi novelli soloni, che “chi non capisce” rappresenta la mozione di maggioranza congressuale. Ed ecco dunque correre in soccorso Claudio Fava, neocoordinatore di SD che, su “il Manifesto” dell’11 Giugno a pagina 4, dichiara che la costituente si farà comunque e “se anche Vendola perdesse, il problema resta, il Paese ci ha detto che le nicchie identitarie non servono”.

Stesso giorno, stesso giornale e stessa pagina, ed ecco rispuntare Achille Occhetto (si, proprio lui!) che afferma: “serve una sinistra di nuovo conio (…), niente sigle comuniste, che sia una vera novità, una sinistra unita con un’idea chiara, moderna, tutta dentro l’orizzonte socialista (…) e se non dovesse piacere alla nuova maggioranza del PRC vuol dire che questa forza potrebbe subire una scissione tra le due sue componenti, quella su posizioni veterocomuniste e quella che si muove sulla linea di una costituente di sinistra come noi”.

Ciò che lascia davvero perplessi è che nessuno dei sostenitori della mozione n. 2 si sia sentito in dovere di stigmatizzare queste ingerenze (cosa che Ferrero ha invece fatto con Diliberto, che pure dichiarava di “apprezzare la sua mozione”) e di smentire ogni ipotesi di scissione, impegnandosi a rispettare qualsiasi esito congressuale.

Parafrasando Ingrao, in politica è saggio e doveroso attenersi ai fatti. Vendola e i suoi sostenitori propongono una “costituente della sinistra”. Ma con chi? I Verdi hanno detto no, il PdCI idem, la maggioranza del nostro partito è contraria, nella stessa SD c’è chi già sta tornando all’ovile del PD, e chi rimane parla di una operazione tutta interna all’orizzonte socialista, cioè al PSE, che è stato, specie negli ultimi anni, organico totalmente alle politiche neoliberiste e ad una politica estera che, eufemisticamente, non ha avuto molto a che fare con la “non violenza”.

Quale unità si immagina con soggetti politici (come SD e non solo) che non si sono neanche degnati di partecipare alla manifestazione del 20 Ottobre 2007 contro la precarietà? Ed il Governo non doveva essere uno strumento e non un fine?

Trattasi, come è evidente, di una “fluttuazione verso non si sa dove”.

Insomma, se è vero che errare è umano, è anche vero che perseverare è diabolico!


Anche per queste ragioni sosterrò il documento di maggioranza congressuale che ha come primo firmatario il compagno Acerbo. Perché non è solo il documento degli ex DP, di Essere Comunisti o di una parte significativa dei movimenti, ma è il documento di tutti e tutte coloro che ritengono che l’ispirazione che ha dato vita al PRC non sia storicamente superata.

E’ la mozione (questa sì unitaria sul piano politico, e plurale nelle culture e nelle provenienze) di chi sostiene che il PRC è necessario anche se non sufficiente (e non di chi dice che siccome non siamo sufficienti, non siamo neanche necessari). E’ la mozione in cui è presente il tema dell’autocritica e che condanna l’espropriazione del dibattito collettivo che abbiamo subito.

E’ la proposta politica di chi coglie il nesso tra l’innovazione e la capacità di non smarrire la propria identità (che va al di là del nome e del simbolo), di chi pone il tema dell’unità della sinistra dal basso e sui contenuti, di chi individua nell’impegno sociale la priorità di questa fase storica. Di chi inoltre, recupera pienamente lo spirito della Conferenza di Carrara, e quindi considera anomalo chi dichiara di voler continuare a fare il Presidente della Regione Puglia, di voler fare contemporaneamente il Segretario del PRC, e di volersi ricandidare tra due anni comunque alla Presidenza Regionale.

Guai al popolo che ha bisogno di eroi”, sosteneva Brecht.

Ecco, questo è il punto: noi dobbiamo eleggere il segretario del partito sulla base di una linea politica; non dobbiamo far parte del partito del Segretario, neppure se si tratta di un segretario eroico e virtuoso. Del resto appare sempre più chiaro che Niki Vendola viene spudoratamente utilizzato come foglia di fico per coprire una proposta politica neo-occhettiana…a distanza di quasi 20 anni!

E proprio vero che la storia, quando si ripete, si ripete in farsa.

mercoledì 18 giugno 2008

Caserta: stop agli sfratti. Picchetto al Parco Primavera

L'associazione MOVIMENTAZIONE ha aderito al Picchetto Antisfratto organizzato per le ore 7.00 per il giorno 26 Giugno a Parco Primavera a Caserta dal Comitato famiglie di Parco Primavera, dal Laboratorio sociale Millepiani e dallo Sportello dei Diritti Caserta.
Sarebbe una vergogna se la Prefettura concedesse l'uso della forza pubblica. La proprietà, la società Project Management vuole utilizzare gli sfratti per alzare il prezzo nei confronti del Comune, che dispone di un finanziamento regionale per acquisire gli immobili di tutto rispetto (circa sette milioni e mezzo, oltre 230 mila euro ad appartamento), mentre la proprietà ne vorrebbe addirittura il doppio.
Aderiamo all'appello come associazione e abbiamo chiesto e speriamo che faccia altrettanto Rifondazione Comunista, perché è necessario fermare con ogni mezzo possibile questo tentativo di speculazione e questa lesione dei diritti degli inquilini".
Movimentazione è una associazione culturale e di promozione sociale che sta sostenendo apertamente, nel confronto congressuale del PRC, la mozione Acerbo, documento espressione della maggioranza attuale che ha tra i suoi firmatari Paolo Ferrero, Haidi Giuliani, Claudio Grassi, Lidia Menapace, Ramon Mantovani, Imma Barbarossa, Giovanni Russo Spena, Francesco Caruso e Andrea Alzetta, il Tarzan delle occupazioni di case a Roma.
E' la mozione che sostiene la necessità di coniugare il comunismo e il movimento, e che rappresenta la ripresa delle migliori intuizioni della rifondazione comunista all'epoca del movimento dei movimenti e di Genova 2001.
Ma "movimentazione" non vuole essere semplicemente un'area del partito: nasciamo per contribuire, con umiltà e convinzione, a riprendere il filo rosso del marxismo eretico, del comunismo libertario, del mutualismo e della vertenzialità. Il nostro impegno è di promuovere cultura critica e sostenere pratiche sociali antagoniste. E' questo che intendiamo fare anche in questa provincia. dentro e fuori rifondazione comunista.

giovedì 12 giugno 2008

Dall'alfabeto della nostalgia all'ansia neo-identitaria

In margine alla presentazione della mozione Vendola a Caserta l'11 giugno

di Giosuè Bove

Ho ascoltato con piacere la passione e la poesia che Nichi Vendola riesce a mettere anche nel racconto più grigio. L'ho ascoltato ripercorrere il novecento con la dolcezza ed il rimpianto quasi infantile di un epoca, di una epopea, di un mondo: una ballata, che a volte lenta macina memoria, a volte come un fiume che incontra un salto, acquisisce velocità e travolge e suscita sentimenti di orgoglio e di ritorno. E dietro il racconto un impianto analitico condivisibile: la fine del Novecento e di quella composizione di classe, di quella storia, la dimensione della Sconfitta. Come in un bizzarro viaggio in treno, avanti e indietro le immagini di quei braccianti e di quegli operai, del lavoro che da "pietra di scarto diventava pietra angolare": l'alfabeto della nostalgia che lacrima gli occhi e ti riempie il cuore.

E però, proprio per quello che Vendola descriveva, sicuramente meglio di tanti, io ho scelto di oppormi alla costituente della sinistra, cioè ad un tentativo neo-identitario, giocato tutto nel cielo della politica: perché sarebbe sbagliato, contribuendo a rimuovere dall'immaginario sociale l'idea della abolizione dello stato di cose presenti, e inutile, perché al resto del mondo, alla gente normale, al nuovo proletariato precario, di come ti chiami, nel bene o nel male, frega poco, mentre è essenziale quello che fai e come lo fai.

Ci deve essere tra il racconto e le sue conclusioni un rapporto consequenziale, come in un bel film tra lo sviluppo della trama ed il suo finale, che non c'era e non c'è nella proposta della mozione firmata da Vendola. Se la situazione è quella, e cioè la traversata nel deserto, non c'è bisogno di costituenti, ma di radicamenti, non c'è bisogno di dissolvenze ma di materializzazioni. In altre parole non è mettendo insieme ceti politici di partiti o anche di associazioni che si risolve il problema né inventandosi nomi, sigle, simboli nuovi e peraltro paradossalmente di fatto più minuscoli e minoritari di quelli esistenti. Del resto l'unità che costruisce arricchimento è quella capace di sintesi e di rispetto delle differenze, come fu il Genoa Social Forum, come potrebbe essere oggi una rete consiliarista, a snodi territoriali o a forum tematici: dal basso, valorizzando differenze, identità, autonomie.

Ma la questione di fondo non insiste sulla forma: essa ci tocca nel profondo e riguarda il nostro tornare alle radici. Non solo "stare nelle masse e fare inchiesta" ma viverci immersi, nelle medesime condizioni. Vendola ha citato due esempi, la Spagna e la Francia, in cui la sinistra ha seguito strade, a suo parere, opposte (la prima in direzione della "marmellata", la seconda della "atomizzazione") entrambe perdenti. In questo citare e, soprattutto, nel non citato egli ha svelato uno dei perché di fondo della stonatura, della cesura tra racconto e conclusioni: in realtà in entrambi i casi – Francia e Spagna - ci troviamo alla medesima logica della ingegneria politica, impotente di fronte alla Sconfitta, come si è visto anche in Italia con la Sinistra Arcobaleno, il cui politicismo ha aggravato la situazione; e nella mancata citazione della Germania e dell'Olanda vi è una reticenza sulle esperienze che - in forma non neo-identiaria - hanno praticato il radicamento sociale, cioè l'essere pienamente a servizio del popolo, ricostruire così il movimento operaio nella accezione nuova del termine ed una correzione netta del rapporto tra rappresentanze politiche ed istituzionali e soggettività sociali, cioé l'essere "uguali" dal punto di vista del reddito e del modo di vivere delle persone che intendi rappresentare.

La conclusione del bel racconto è stata, insomma, una nota stonata, reticente: di fronte alla lirica della vita, evocata dalle citazioni di Moro, Che Guevara e Gramsci, scappa infine lo strepitio ansioso della ricerca di una nuova identità politica, che appare come il classico arrampicarsi sugli specchi, come una frettolosa negazione dell'altezza maestosa della riflessione sulla sconfitta. Mentre più grande e più saggio sarebbe stato ammettere che dentro la discussione nostra c'è stato un travolgimento ma che è evidente a tutti che la priorità va data alla ricostruzione della soggettività sociale, che oggi è necessario esercitare le nostre poche energie proiettando i nostri circoli, il nostro partito, quel che ci rimane della rappresentanza istituzionale, nella dimensione del "partito sociale", evitando di perder tempo in altre questioni e soprattutto evitando di perdere un altro treno, dopo quello che sciaguratamente abbiamo lasciato partire dalla stazione di Genova in quel maledetto e meraviglioso luglio del 2001.

martedì 3 giugno 2008

Rimettersi in cammino

LETTERA APERTA DEI CIRCOLI DI LAVORO
DI RIFONDAZIONE COMUNISTA
ALLE LAVORATRICI E AI LAVORATORI DELLA CAMPANIA
Care compagne/compagni,
ci rivolgiamo a tutte/i voi in forma di lettera diretta, anche per sottolineare il carattere aperto della nostra riflessione sul mondo del lavoro nella nostra Regione, alla luce della sconfitta di Rifondazione Comunista e della Sinistra il 13/14 aprile scorso. Il lavoro, a Napoli, in Campania e nel Mezzogiorno, è stato travolto da una globalizzazione senza regole che ha alimentato delocalizzazioni di attività all’estero (anche in presenza di imprese in attivo). Il Mezzogiorno e Napoli si differenziano dalle regioni del Centro-Nord del Paese, oltre che per una disoccupazione strutturale e per la presenza massiccia di lavoro precario, anche per la cattiva qualità degli insediamenti produttivi che, spesso, risultano essere dei “prolungamenti” di aziende settentrionali privi di direzionalità e strategia.
La vittoria del governo Berlusconi e la scelta di attuare il federalismo fiscale aumenterà il divario di ricchezza e di sviluppo tra le varie aree del Paese. La CONFINDUSTRIA, mai come oggi, si trova in sintonia con l’attuale compagine governativa nel cancellare i diritti e le conquiste dei lavoratori.
CGIL-CISL-UIL rischiano di sintonizzarsi con il Governo e con i padroni, proponendo l’abolizione di fatto del contratto nazionale con l’introduzione e il rafforzamento di contratti territoriali, aziendali, individuali e l’allungamento dell’età pensionabile. Insistere sugli aumenti salariali legati alla produttività significa determinare il prolungamento dell’orario effettivo della giornata di lavoro ed un maggiore sfruttamento, peggiorando le condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro. Le logiche di rigore liberista e di compressione del costo del lavoro sono sostenute da tutti i partiti dell’arco costituzionale ed anche dal PdL e dal PD. Siamo davanti ad un tendenza che, qualora si avverasse, rappresenterebbe un vero disastro per i lavoratori e la democrazia.
Siamo ben consapevoli delle difficoltà legate alle condizioni materiali di vita di ognuno di noi. L’aumento del costo degli affitti, la penuria dei servizi sociali, la crescita dei prezzi dei generi alimentari e dei carburanti, nel Mezzogiorno e a Napoli, rendono ancora più drammatica l’esistenza delle famiglie mono-reddito e dei pensionati; per questo, è quanto mai urgente ricostruire una rappresentanza politica dei bisogni del mondo del lavoro, a partire dal varo di un meccanismo automatico di adeguamento dei salari e delle pensioni (una nuova scala mobile).
Siamo coscienti dei limiti di Rifondazione Comunista nell’ultima fase. Non li vogliamo nascondere, anzi li vogliamo qui evidenziare: l’inefficace partecipazione al Governo Prodi; l’aver creato una forte disillusione tra il nostro popolo sull’incapacità di eliminare il lavoro precario; l’avere costruito un cartello elettorale -Sinistra l’Arcobaleno- come un’operazione verticistica incapace di cogliere tutta la sofferenza del mondo del lavoro. Vogliamo voltare pagina! Insieme a quanti si renderanno disponibili, vogliamo impegnarci per un rilancio di Rifondazione Comunista, per l’oggi e per il domani, come uno strumento a difesa dei lavoratori e come un partito utile alle emergenze sociali del nostro territorio.
Vi invitiamo ad un primo confronto mercoledì 4 giugno ore 17.30, c/o Hotel Oriente, Via Diaz, Napoli (nei pressi P.zza Matteotti), con i compagni Paolo Ferrero, Claudio Grassi e Ramon Mantovani che condividono come noi la priorità di ripartire dai bisogni, dalle domande del mondo del lavoro e per ricostruire un ruolo di Rifondazione Comunista e della Sinistra a Napoli, nel Mezzogiorno e nel Paese.

Circoli, lavoratrici e lavoratori del Partito della Rifondazione Comunista di:
Aeroporti di Napoli, Ospedale Monaldi, Ansaldo Trasporti, Comune di Napoli, F.S. di S. M. La Bruna, Marittimi, Sepsa, A.N.M., Pubblico impiego, Alfa-Avio.