movimentazione / il dibattito

giovedì 19 giugno 2008

Corsi e ricorsi storici

di Mimmo Firmani, del circolo di Frattaminore (NA)

La storia, si sa, quando si ripete, si ripete in farsa.

Riporto testualmente alcuni stralci di una mozione tristemente nota recante il titolo “Dare vita alla fase costituente di una nuova formazione politica”.

Al punto 1: “(…)non basta più in rinnovamento del PCI,sia pure profondo,per cominciare a dare risposte a questa esigenza. Ciò che ci proponiamo è la costruzione di un nuovo soggetto,che sia il punto di incontro di forze diversamente collocate,(…),questo non significa certo tagliare le nostre radici. Significa al contrario dare ad esse nuova linfa(…). Non dunque di autoscioglimento del PCI si tratta. Ma della costruzione di una nuova formazione politica democratica ,popolare, riformatrice, aperta a componenti laiche e cattoliche, interprete delle nuove domande che vengono dal mondo del lavoro e della cultura come dai movimenti dei giovani e delle donne, dall’ambientalismo, dal pacifismo e dal movimento per la nonviolenza, dal femminismo”.

Al punto 8: “(…) esiste oggi una sinistra sommersa, un potenziale riformatore che taglia trasversalmente la società civile, le sue organizzazioni ed i partiti, ma che non riesce ancora a trovare adeguata espressione politica(…) noi stessi avvertiamo l’esigenza di andare oltre questa esperienza… c’è un movimento cattolico progressista che sta attraversando un fase di profondo e fecondo rinnovamento. C’è il movimento dei Verdi (…) c’è un movimento radicale che con le sue battaglie ha sollecitato l’esigenza di una riforma della politica, di nuove libertà civili, di nuove regole democratiche. Queste diverse componenti ideali e politiche della sinistra vogliamo che siano interlocutrici e protagonisti della fase costituente di una nuova formazione politica”.

Al punto 9 la dichiarazione solenne: “…non sono in discussione nome e simbolo del PCI”.

Tra i firmatari della mozione, fino al 5 Gennaio 1990, risultavano i seguenti nomi: Achille Occhetto, Antonio Bassolino, Goffredo Bettini, Vannino Chiti, Massimo D’Alema, Piero Fassino, Marco Minniti, Fabio Mussi, Giorgio Napolitano, Cesare Salvi, Walter Veltroni.


Come è andata a finire è noto a tutti, non sono invece analogamente note a tutti (anche per questioni anagrafiche) le categorie concettuali e gli slogan utilizzati da queste avanguardie illuminate nei confronti di chi aveva ben chiaro quale fosse il reale disegno politico e che perciò dissentiva: estremismo, settarismo, minoritarismo, conservatorismo, identitarismo, veterocomunismo, cultura del sospetto.

Al CC della svolta (20-24 Novembre 1989), Giancarlo Pajetta affermava: “(…) i perplessi ed i contrari non chiamateli conservatori, come oggi li sento chiamare, gente da comprendere, poveracci di un’altra generazione. Noi abbiamo troppe volte pagato il fatto di aver considerato in modo sprezzante le opinioni di chi dissentiva. Non possiamo non ricordare oggi quelle lezioni del passato. So che la storia del nostro partito è fatta di molte svolte. Ma bisogna sempre sapere se la svolta va in una direzione giusta”.

Nel medesimo CC, Pietro Ingrao sosteneva: “ In politica è saggio e doveroso attenersi ai fatti. Il fatto su cui siamo chiamati a pronunciarci è questo: la proposta che il PCI promuova una fase costituente, che porti ad una nuova formazione politica di sinistra ed allo scioglimento in essa dell’attuale PCI. Si dice: fase costituente. Ma una fase costituente se non vuole essere una fluttuazione verso non si sa dove suppone che siano almeno identificati e nominati interlocutori visibili, che essi rappresentino forze politiche consistenti. Sinora i Verdi ci dichiarano amicizia ma hanno già detto no. Non vedo una sinistra consistente di ispirazione cristiana che dichiari di essere disposta a confluire. Nemmeno il gruppo radicale sembra esprimere un interlocutore certo. Né dentro il partito socialista, né dentro il partito socialdemocratico, né dentro il partito repubblicano vedo forze di rilievo disposte a staccarsi dalla loro matrice. Nel seno stesso della Sinistra Indipendente, che è la più vicina a noi, emergono anche dissensi (…) Non solo restano vaghi gli interlocutori ma non vengono definite in positivo la scelte discriminanti, indispensabili per andare ad un confronto serio. Confesso che ieri non sono riuscito a capire bene se abbiamo in mente un partito socialdemocratico, o un partito democratico o semplicemente un forza progressista. E dinanzi a questi singolari silenzi che allora sorge l’aspro interrogativo che il senso di questa operazione sia essenzialmente un altro: non al positivo ma al negativo: la dichiarazione di morte del comunismo…”.

Ed ancora: “(…) Dissento dal giudizio positivo da noi espresso sulla politica estera italiana. Il Governo non ha proceduto nemmeno ad una riduzione limitata delle spese militari (…) allora anche questa alta parola “non violenza” resterà una nobile aspirazione etica (…) ed è parola che esige coerenza: non si può pronunciarla e poi non criticare i socialisti francesi che difendono ora i loro arsenali atomici. Non credo ad un discorso con l’Internazionale Socialista che non abbia questa coerenza”.


Sperando di non essere irriverente, e non osando neanche lontanamente equiparare i partiti in questione, la loro consistenza e struttura e tantomeno i contesti storico-politici, sento tuttavia il bisogno di sottolineare analogie e soprattutto l’affinità di categorie concettuali che stanno caratterizzando lo svolgimento del VII Congresso Nazionale del Partito della Rifondazione Comunista.

Preliminarmente, però, voglio ricordare che poco prima del verificarsi di una delle tante scissioni prodottesi nella sinistra comunista di questo Paese (quella del 1998 con la nascita del PdCI), l’allora segretario del PRC, Fausto Bertinotti, fu accusato di stalinismo e di essere portatore della più volgare e primitiva cultura del sospetto. Sarà poi Arturo Parisi a confessare a posteriori che mentre si svolgeva il CPN del PRC, era già pronto l’accordo con la componente cossuttiana per la fiducia al primo governo Prodi ed erano inoltre già state preparate le tessere del nuovo partito.

E’ inoltre interessante ricordare che periodicamente, nel corso degli ultimi 10 anni, il compagno Fausto Bertinotti in particolare è stato etichettato come conservatore, identitario, veterocomunista da tutti i dirigenti della cosiddetta “sinistra moderata” e da certa stampa (la Repubblica in primis) ogni volta che ci si permetteva di difendere l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, la Costituzione Repubblicana, la laicità dello Stato, la pace, il diritto al lavoro, etc. Ce li ricordiamo tutti quegli articoli tanto insopportabili quanto stupidi tesi a sbeffeggiare la politica del PRC e in particolare il “sub-comandante Fausto?”


Tornando a noi, è necessario prendere serenamente atto del fatto che improvvisamente i vari D’Alema, Latorre, Mussi, etc., il Corriere della Sera e la Repubblica (altro ricorso storico), decidono di entrare a gamba tesa nel dibattito congressuale del PRC, tifando apertamente per la mozione di cui è primo firmatario Nichi Vendola e cofirmatario Fausto Bertinotti. O meglio tifano per la parte quarta della mozione n. 2, quella relativa al processo costituente della sinistra.

Io invito, sommessamente, le compagne e i compagni a confrontare in particolare i punti i punti 4a e 4b di questa mozione con i sopracitati punti della mozione Occhetto. Invito a confrontarne il linguaggio, la retorica, la debolezza politica, l’oltrismo fine a se stesso, l’ambiguità sulla collocazione europea, l’indeterminatezza degli interlocutori. Nonché la contraddizione politica e grammaticale tra la proposta di una fase costituente (che , se non erro, è il processo mediante il quale due o più entità si sciolgono per darne vita ad una nuova) e la “dichiarazione solenne”: “l’esistenza del PRC non è un bene disponibile se non alla collettività di donne e uomini che lo incarnano: non è stato e non è tema di discussione il suo scioglimento”.


Vorrei essere pacato, ma un po’ mi indigno!!!


Come si fa a mentire, sapendo di farlo, e in modo così spudorato? E le 10.000 tessere dell’ Arcobaleno già stampate? E gli appelli predisposti per costituire il soggetto unico nell’ambito del quale il comunismo sarebbe stato una tendenza culturale? Ed il fatto che ciò era già stato deciso al di fuori del percorso congressuale?

Questo nel PCI, anche nell’ultimo PCI, non sarebbe mai stato possibile.

Ma ecco rispuntare lo slogan che rende immuni da tutto e tutti: chi sostiene ciò che è ampiamente dimostrabile e verificabile è afflitto, udite udite, dalla cultura del sospetto! E’ un conservatore, un veterocomunista, nella migliore delle ipotesi è affetto da sindrome “identitaria”.

Peccato, per questi novelli soloni, che “chi non capisce” rappresenta la mozione di maggioranza congressuale. Ed ecco dunque correre in soccorso Claudio Fava, neocoordinatore di SD che, su “il Manifesto” dell’11 Giugno a pagina 4, dichiara che la costituente si farà comunque e “se anche Vendola perdesse, il problema resta, il Paese ci ha detto che le nicchie identitarie non servono”.

Stesso giorno, stesso giornale e stessa pagina, ed ecco rispuntare Achille Occhetto (si, proprio lui!) che afferma: “serve una sinistra di nuovo conio (…), niente sigle comuniste, che sia una vera novità, una sinistra unita con un’idea chiara, moderna, tutta dentro l’orizzonte socialista (…) e se non dovesse piacere alla nuova maggioranza del PRC vuol dire che questa forza potrebbe subire una scissione tra le due sue componenti, quella su posizioni veterocomuniste e quella che si muove sulla linea di una costituente di sinistra come noi”.

Ciò che lascia davvero perplessi è che nessuno dei sostenitori della mozione n. 2 si sia sentito in dovere di stigmatizzare queste ingerenze (cosa che Ferrero ha invece fatto con Diliberto, che pure dichiarava di “apprezzare la sua mozione”) e di smentire ogni ipotesi di scissione, impegnandosi a rispettare qualsiasi esito congressuale.

Parafrasando Ingrao, in politica è saggio e doveroso attenersi ai fatti. Vendola e i suoi sostenitori propongono una “costituente della sinistra”. Ma con chi? I Verdi hanno detto no, il PdCI idem, la maggioranza del nostro partito è contraria, nella stessa SD c’è chi già sta tornando all’ovile del PD, e chi rimane parla di una operazione tutta interna all’orizzonte socialista, cioè al PSE, che è stato, specie negli ultimi anni, organico totalmente alle politiche neoliberiste e ad una politica estera che, eufemisticamente, non ha avuto molto a che fare con la “non violenza”.

Quale unità si immagina con soggetti politici (come SD e non solo) che non si sono neanche degnati di partecipare alla manifestazione del 20 Ottobre 2007 contro la precarietà? Ed il Governo non doveva essere uno strumento e non un fine?

Trattasi, come è evidente, di una “fluttuazione verso non si sa dove”.

Insomma, se è vero che errare è umano, è anche vero che perseverare è diabolico!


Anche per queste ragioni sosterrò il documento di maggioranza congressuale che ha come primo firmatario il compagno Acerbo. Perché non è solo il documento degli ex DP, di Essere Comunisti o di una parte significativa dei movimenti, ma è il documento di tutti e tutte coloro che ritengono che l’ispirazione che ha dato vita al PRC non sia storicamente superata.

E’ la mozione (questa sì unitaria sul piano politico, e plurale nelle culture e nelle provenienze) di chi sostiene che il PRC è necessario anche se non sufficiente (e non di chi dice che siccome non siamo sufficienti, non siamo neanche necessari). E’ la mozione in cui è presente il tema dell’autocritica e che condanna l’espropriazione del dibattito collettivo che abbiamo subito.

E’ la proposta politica di chi coglie il nesso tra l’innovazione e la capacità di non smarrire la propria identità (che va al di là del nome e del simbolo), di chi pone il tema dell’unità della sinistra dal basso e sui contenuti, di chi individua nell’impegno sociale la priorità di questa fase storica. Di chi inoltre, recupera pienamente lo spirito della Conferenza di Carrara, e quindi considera anomalo chi dichiara di voler continuare a fare il Presidente della Regione Puglia, di voler fare contemporaneamente il Segretario del PRC, e di volersi ricandidare tra due anni comunque alla Presidenza Regionale.

Guai al popolo che ha bisogno di eroi”, sosteneva Brecht.

Ecco, questo è il punto: noi dobbiamo eleggere il segretario del partito sulla base di una linea politica; non dobbiamo far parte del partito del Segretario, neppure se si tratta di un segretario eroico e virtuoso. Del resto appare sempre più chiaro che Niki Vendola viene spudoratamente utilizzato come foglia di fico per coprire una proposta politica neo-occhettiana…a distanza di quasi 20 anni!

E proprio vero che la storia, quando si ripete, si ripete in farsa.

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