movimentazione / il dibattito

mercoledì 23 luglio 2008

Questioni di orizzonti

Il dato più rilevante che emerge, se guardiamo ai risultati congressuali parziali, sia quelli pubblicati dalla mozione 1, sia quelli pubblicati dalla mozione 2, informa che, chiunque sia il primo, in termini di consensi individuali delle compagne e dei compagni, per numero dei circoli, delle federazioni e delle regioni, da solo non raggiunge la maggioranza assoluta.

Altro elemento caratterizzante la intera fase pre-congressuale: il clima di scontro, di sfida. Quando si impugnano gli statuti, i regolamenti, quando si ricorre ai magistrati interni o addirittura esterni, vuol dire che, seppur fondatamente, non esiste più fiducia reciproca ed appare concreto il rischio di una scissione. La settima? Ma non è tanto un problema di numeri, quanto di significati. La separazione più grave e più dolorosa è quella dei tanti e delle tante che si sono allontanati a poco a poco dal partito, silenziosamente, nell’ultimo breve o medio periodo, scontenti, delusi, traditi.

Nel testo che ho appena letto, e cioè la proposta di documento conclusivo che è stata presentata al Congresso della federazione di Napoli da parte dei compagni della prima mozione col titolo “Per un nuovo Inizio, fuoei e dentro il Partito”, con primo firmatario Rino Malinconico, scorgo una sofferta ma spietata autocritica e penso che da ogni bilancio, anche il più disastroso, si può ricominciare a proporre criticamente un programma di ricostruzione. E’ proprio il tono che mi ha orientato alla mozione 1, che avrei votato se ne avessi avuta facoltà. Mentre mi risulta fastidiosa la supponenza di molti passaggi della mozione 2. Questo tanto per cominciare.

Giustamente il documento insiste sulla necessità di una opposizione rigorosa della sinistra oggi, specialmente in un’Italia minacciata dall’avanzata più o meno visibile di un nuovo fascismo, che usa per esempio l'emergenza per introdurre elementi di stravolgimento degli ordinamenti, come dimostra il caso rifiuti o la questione immigrazione; che interviene nelle questioni del lavoro con affondi disorientanti con cui, mentre si detassano gli straordinari, si cercano accordi con i sindacati per i contratti nazionali; che ha già dimostrato la sua durezza su temi cruciali come quello dei diritti (penso agli ultimi provvedimenti in materia di intercettazioni), ma anche attraverso un uso disinvolto dell'esercito; che diffonde l’episodio del portafogli rubato al Pigneto come vera emergenza sicurezza e tace, orizzontalmente, sul fatto che ci sono imprese private in Italia che si chiamano mafia, camorra, ‘ndrangheta che rappresentano una importante quota del Pil e che producono centinaia di morti; che trasforma il fastidio in emergenza e emargina dal dibattito politico il fatto che alcune regioni italiane sono sottratte alle leggi dello stato; e ancora tace sul fatto che questo è un Paese in cui abbiamo un bollettino da guerra civile per i morti sul lavoro.

Si propone, dunque, di uscire dal congresso con una “convergenza unitaria di tutte le energie del nostro partito”, per evitare “una situazione di stallo politico” che potrebbe determinarsi per la mancanza di una linea guida certa e condivisa.

L’esperienza della Sinistra Arcobaleno ha dimostrato che un’unità che fosse coerenza, coesione, condivisione e pari sovranità è cosa ben diversa da un’unità astratta e capace solo di produrre e sommare spesso diffidenze reciproche. Non è facile ammetterlo, però è molto coraggioso e leale, e dimostra tutta l’umiltà di chi ancora si interroga sul fatto e l’a farsi. E’ il punto di partenza.

Interrogarsi su come si ricostruisce un'opposizione efficace è un terreno possibile di discussione, è l’argomento che può ricompattare le varie voci della sinistra, unite certamente nella lotta al governo Berlusconi. Anche se la lotta contro Berlusconi non può essere l’unico argomento, e bisogna allargare la riflessione a contenuti e sensi. Anche il governo dell’Unione ha dimostrato che non è in termini di pura coalizione anti-qualcuno, di semplice assemblaggio di pezzi che si ricostruisce la funzione di una parte politica, tant’è che lo stesso documento reclama con forza una “discontinuità” rispetto ad esso e rispetto a logiche politiche estranee alla sinistra. E’ questo il momento di ritrovare i veri compagni di strada, con cui condividere la scelta delle tappe intermedie e fissare la meta ultima del viaggio. I riferimenti devono essere netti.

Solo in questo documento trovo chiaramente espresso un elenco di priorità intorno alle quali organizzare una opposizione significativa, un'opposizione credibile che muova da un'idea alternativa di società rispetto a quella berlusconiana fondata sul dominio sociale dell'impresa. Solo in questo scritto (e si badi bene, neanche nel documento Acerbo!) si sostiene la immediata rimessa in discussione di tutte le alleanze locali e regionali che non abbiano prodotto realmente “trasformazione” e che, non riuscendo ad ottenere dalle alleanze alcun beneficio per i referenti sociali, ci abbiano, addirittura, fatti percepire quasi ovunque come “uguali agli altri”. Solo qui vedo “altro” oltre l’opposizione a Berlusconi, vedo in lontananza, ma già chiaro nei contorni, un nuovo modello di società, costruita nei termini della civiltà.

A questo punto dovremmo chiederci: la sinistra che immaginiamo in questa fase di voler riproporre con una funzione di opposizione, che cosa pensiamo debba essere? Per me non si può pensare all’unione di tutto ciò che è all’opposizione, non sarebbe una buona partenza.

La tolleranza del dissenso è una primaria necessità in una organizzazione che si propone la RIFONDAZIONE di una pratica del COMUNISMO, ma è anche vero che talora si rilevano punti di dissenso insanabili.

Il riferimento deve essere un sistema di relazioni in cui si unisca la politica classicamente intesa a soggettività differenziate che stanno nella società, nelle professioni, nel lavoro, nella stessa rete, ma che necessariamente guardino verso lo stesso orizzonte.

E’ questo il momento dell’urgenza dell’azione, ma anche il momento per rafforzare l’ elemento di ricostruzione dei nessi sociali e di un impianto simbolico. E non è assolutamente vero che le due cose si oppongano come pratica e teoria, come presente e passato, chè anzi i fatti, quando c’è coerenza, sono sempre agiti in virtù di una particolare visione della realtà.

Claudia

P.S. Credo che, nonostante non sia stato accolto, il documento napoletano della mozione uno abbia comunque contribuito al dubbio, almeno stando ai numeri che leggo che, rispetto alle percentuali dei votanti delle varie mozioni, dimostrano un più largo numero di consensi. E’ questione di “orizzonti”, più o meno ariosi, e di capacità di analizzare le situazioni nella loro reale portata.

Non sono iscritta al partito, ma ho sempre votato per Rifondazione. Per favore, superate gli scontri e piuttosto ritrovate una linea politica che ci appassioni.

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