A Salvatore, Peppe, Anna Gioia. Ho chiesto in diversi circoli se è possibile organizzare la presentazione del documento Acerbo. In alcuni casi ho avuto risposte, naturalmente scherzose, sulla inutilità della presentazione, perché tanto non c'è "spazio". Non mi sono lamentato, naturalmente, del tono leggero e ironico (anzi il sorridere di noi è l'aspetto del confronto politico che apprezzo di più), ma piuttosto della impostazione "da squadra" che abbiamo (e dico abbiamo, tutti noi) assunto: è evidente che la cattiva e distorta informazione sul "clima da resa dei conti" che è stata montata da organi di stampa per niente neutrali, come la Repubblica e l'Unità, nonché purtroppo da Liberazione, sul famigerato primo CPN sta producendo come un sasso nel mare onde distorsive sempre più ampie nei comportamenti delle compagne e dei compagni. Dunque nessun risentimento, ma piuttosto una preoccupazione che spero potremo superare insieme. Sono convinto che in ogni circolo i compagni sentano l'esigenza vera di capire e di partecipare al "dibattito" che come dice la parola è scuotimento, è scuotere le certezze di ognuno di noi. Io sto provando ad andare a tutte le presentazioni in cui naturalmente sono invitato, per ascoltare, e questo mi sta arricchendo politicamente e umanamente. Lo consiglio vivamente a tutti.
due
A Silviuccio (non il Berlusca, naturalmente) A leggere certe storie viene effettivamente voglia di "andarsene a casa", di affrontare quella grande avventura che è la vita, e che è già attraversata da mille problemi, e mandare a cagare tutti. Ma non ce la possiamo cavare così. E non ci sto alla "notte in cui tutte le vacche sono nere": se da parte di alcuni (quelli che sostengono "Rifondazione in movimento") si continua cocciutamente a proporre una gestione unitaria del partito, da parte dell'area che si è raccolta attorno al "Manifesto per Rifondazione" c'è al contrario una crescente impostazione maggioritaria, del "chi ci sta, ci sta!". Questa impostazione oggi davvero è inadeguata: di fronte alla rapidità con cui la destra sta affondando il coltello nella composizione sociale, di fronte alle prime squadracce fasciste, ai primi episodi di cruda repressione; ma soprattutto di fronte al crescere di consenso sociale e culturale verso la soluzione autoritaria.
La precarietà esistenziale di questa “bella modernità” chiede risposte: e se il centro sinistra non ha saputo che balbettare, le destre offrono ricette spietatamente efficaci, che pescano nei bassi istinti, nei miti della sicurezza e delle piccole patrie, della razza e del “me ne frego”. Di fronte a tutto ciò dobbiamo, e non è una esortazione, ma un imperativo categorico, dobbiamo! ricercare le ragioni dello stare insieme. Chi vuole metterla in rissa è un irresponsabile, chiunque esso sia. Ma non è il momento di abbandonare il campo: è necessario contemporaneamente criticare chi a parole propugna la futura gestione unitaria e poi cade anch'ella/egli nella trappola della rissa, e sostenere con forza le posizioni unitarie. Per questo, conservando i preziosi dubbi che mi consentono di non essere debole (perché le certezze, dice la pubblicità, sono dei deboli), continuo a sostenere la mozione Acerbo e chiedo a tutti di moltiplicare gli sforzi affinché il dibattito sia "depurato" da personalismi e durezze inutili, e invece sia quanto più democratico, aperto e partecipato possibile.
tre
A tutti noi, ma soprattutto a Carlo. Alla presentazione del documento "Acerbo" oltre naturalmente al primo firmatario Maurizio Acerbo, per l'appunto, c'erano tra gli altri Paolo Ferrero, Giovanni Russo Spena, Claudio Grassi, Ramon Mantovani, ma anche Citto Maselli, Francesco Caruso e Andrea Alzetta detto ‘Tarzan’. Hanno detto cose interessanti del tipo "bisogna ricominciare da Rifondazione che serve a unire e a ricostruire una sinistra di opposizione”, e il prc “va mantenuto e rifondato a partire da una maggiore democrazia interna". O, ancora che sarebbe sbagliato "in questa fase discutere di alchimie organizzative e di leader. Dobbiamo dimostrare che la sinistra e’ utile per la società” e che “dobbiamo ripartire dai territori costruendo in ogni quartiere le case della sinistra". Che è possibile "ritrovare la gente" con un "lavoro sociale di lotta al precariato, per l’aumento di stipendi e pensioni", costruendo una sinistra "strategicamente autonoma dal Pd" in grado di lavorare per un alternativa alle destre. E che è necessario "rovesciare la piramide: ricostruire la sinistra non partendo dal vertice ma dal territorio", e che "c’e’ stata una sconfitta epocale per la sinistra dalla quale non possiamo uscire con operazioni ingegneristiche". Insomma, come in un abbraccio, la cultura più tradizionale del movimento operaio e quella più innovativa, da Genova in poi. Ma Genova, più di ogni altra cosa, l'ha rappresentata la dolcezza della lettera di una donna minuta come i vicoli di quella città di mare e dura come l'acciaio che passa in quel porto di camalli e di rivoluzioni: la mamma di Carlo. E' la sua l'adesione più emozionante.
quattro
Ecco la lettera di Haidi. Vi prego di leggerla. "A Genova i processi sul G8 stanno per terminare; incontro uno dei giovani che si è speso in questi anni in difesa di 25 capri espiatori. “E dopo che cosa farai?” gli chiedo. “Non lo so, andrò in montagna, a coltivare la terra”, mi risponde, amaro. Penso che coltivare la terra sia un’ottima cosa, se si tratta di una scelta, ma non se è determinata da una disillusione.
Sera al circolo del Partito: dei vecchi compagni discutono animatamente. “Abbiamo perso perché ci hanno tolto questo”, sbotta uno di loro, la mano aperta su una bandiera con falce e martello. Penso che i simboli sono importanti perché ci rappresentano, parlano delle nostre idee e della nostra storia; penso che è possibile anche rinunciare ad un simbolo, quando storia e idee sono talmente affermate da non avere più bisogno di carta d’identità; ma nella voce di questo compagno c’è la rabbia di chi si sente derubato, gli sono state tolte le parole che conosceva, non gli sono stati dati altri strumenti.
Leggo nella lista ligure: “Il vuoto politico di questi mesi ha fatto sì che io mi senta sempre più un corpo estraneo e solo, rischiando a volte di non sapere se faccio cose giuste”.
Mi telefona una giovane amica: è confusa, demotivata; lo studio è deludente, il lavoro noioso ripetitivo e, neanche a dirlo, precario. Alla fine, quasi per scusarsi, dice: “Noi sognavamo un mondo migliore…”.
Qualche esempio, tra i moltissimi che potrei citare, che ognuno e ognuna di voi può testimoniare. Ad ascoltare le persone si coglie un senso di smarrimento, di pessimismo, che ritrovo solo nei ricordi di trent’anni fa.
Mi scrive anche Baro: “…A sinistra la gente non se la sente di consegnare un mandato in bianco ai propri referenti politici, perché da tempo si sono rotti i meccanismi di rappresentanza e appartenenza, fra la base e i vertici della sinistra.” E ancora: “…il ‘nuovo soggetto politico unitario’ non ha entusiasmato nessuno non perché sia stato fatto in fretta, ma per come è stato proposto: imposto dall’alto, senza alcun processo partecipativo, e per di più venduto come un’esigenza dettata dalla storia”. Penso che abbia ragione, che l’unica cosa da fare, davvero, non limitandoci ad una dichiarazione di intenti, sia quella di riprendere la politica dal basso, di ricominciare dalle persone. E la sua testimonianza mi sembra importante: Francesco è il compagno che segue da quattro anni reti-invisibili, il sito internet che raccoglie tante realtà, diverse tra loro ma segnate tutte da una giustizia negata. Una rete di relazioni che non ha occultato le diversità interne ma ha saputo creare un percorso positivo e duplice: da un lato superare le differenze in nome delle istanze che uniscono le reti; dall’altro rispettare comunque quelle differenze, perché costituiscono il patrimonio singolo di ogni singola realtà. Quelle realtà hanno capito che muoversi in modo unitario, su tematiche chiare e definite, è necessario. Non è troppo tardi perché anche il Partito torni a comprenderlo.
Preferisco più ascoltare che parlare e vi chiedo scusa per queste mie semplici note, rubate ad altre voci. Avrei voluto assistere ad un dibattito congressuale ricco di passioni, autocritico, anche dai toni accesi, ma non spaccato in mozioni contrapposte. Mi dispiace molto che la proposta non sia stata accolta. Ed apprezzo moltissimo del documento Acerbo l’impegno ad una gestione unitaria del Partito. L’errore più grande che possiamo continuare a fare è quella di continuare a dividerci. L’umiliazione più grande, quella di assistere all’assalto del carro del vincitore.
Non ci saranno vincitori, questa volta, se non sapremo fare quello che da anni andiamo dicendo: rifondare la sinistra comunista per rendere più forte la sinistra. Partendo dalle persone, dalla realtà dei loro problemi e, perché no, dai loro sogni. Con rispetto, senza strumentalizzazioni.
Oggi, in campo, c’è la salvaguardia dei diritti costituzionali. Perciò, o riusciremo tutte e tutti insieme o la perdita sarà irreparabile. Ne dovremo rispondere alle generazioni future.
Auguro a tutte e tutti voi un buon lavoro!
cinque
"Esci, partito, dalle tue stanze. Torna amico dei ragazzi di strada” (Vladimir Majakovskij). Mai motto fu più indovinato per un documento.
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